Interesse nazionale e sovranità digitale, come tutelare i dati degli enti di ricerca
Pubblichiamo il testo dell’intervento tenuto da Lucio Badiali, DPO, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, al convegno “I Dati tra Sovranità Digitale e Interesse Nazionale. Le Persone, le Pubbliche Amministrazioni e le Imprese”, svoltosi nell’Ateneo milanese il 25 novembre scorso.
In
tema di interesse nazionale e sovranità, la Ricerca rappresenta decisamente un asset strategico del sistema Paese. La
ricerca nazionale è strutturata in circa una ventina di enti. Si va da quelli
impegnati in studi sull’agricoltura, a quelli sulle particelle subatomiche,
dagli studi sull’universo e alle tecnologie spaziali a quelli che si occupano
di ricerca medica, biomedica, dalla genetica alla statistica, c’è chi fa
scienze della terra, chi si occupa di ambiente, matematica, lavoro, energie,
politiche pubbliche, istruzione e così via.
Come il gatto di Schrödinger, bisognava attendere l’entrata in vigore del GDPR per scoprire gli enti di ricerca non pronti
Ma gli enti di ricerca sono anche una declinazione dell’amministrazione pubblica. E da quel lontano 27 aprile 2016 gli enti, come la gran parte della PA, hanno vissuto in uno stato di indeterminatezza quasi quantistica. Come il gatto di Schrödinger, bisognava attendere il 24 maggio 2018 per scoprire che si sono presentati alla data dell’entrata in vigore del GDPR non così pronti come avrebbero potuto.
Non
lo erano i titolari, i quali credevano stesse per sorgeva all’orizzonte solo un
ulteriore gravoso adempimento normativo. Cercavano ancora al di fuori le regole
cui conformarsi e gli elenchi dettagliati di prescrizioni per i trattamenti.
Era troppo fuori dall’esperienza il seguire un modello di responsabilità e
rendicontazione dell’operato. L’accountability,
vera chiave di volta e rivoluzione copernicana nel nuovo mondo della protezione
dati e della privacy, come principio sembrava un concetto più teorico che
operativo.
Subito
dopo il primo passo obbligato, ed eseguito con un po’ di inerzia, della nomina
dei DPO, i DPO stessi del comparto della ricerca hanno iniziato a cercarsi per
scambiare opinioni e valutare le migliori prassi. I Direttori generali, riuniti
nella Conferenza permanente dei Direttori Generali degli Enti Pubblici
di Ricerca Italiani (CO.DI.G.E.R.) intuendo l’importanza del fenomeno
emergente, creavano per i DPO il “Tavolo Tecnico sulla Privacy”, luogo di
incontro dove costruire uno standard operativo per la data protection della comunità degli enti ricerca, così da
affrontare la sida del nuovo Regolamento.
L’obiettivo era quello di fare rete.
Anche
il Garante ha guardato a questa attitudine emergente, e l’ha sostenuta
facilitandone il compito affidando al tavolo di lavoro un suo dirigente che
periodicamente continua ad incontrare i DPO. Un supporto per vedere come cresce
la consapevolezza della protezione dati in questa fetta di amministrazione
pubblica in un rapporto dialettico fatto di dubbi, domande e risposte.
Oggi i DPO del comparto si sentono più preparati ad affrontare le sfide
Oggi,
dopo il primo periodo di rodaggio, i DPO del comparto si sentono più preparati
ad affrontare le sfide. Dopo poco più di un anno anche il DPO comincia ad assumere una
sembianza più precisa. La sua figura di verifica e garanzia tuttavia
non può essere completamente definita in una realtà che è sua
volta liquida ed in divenire. Le sue stesse competenze sono messe continuamente in
discussione. Come pure quelle degli organi decisionali di un tipico ente di
ricerca. Durante i nostri scambi ci domandiamo cosa ci si aspetti da un DPO e
in cosa potrebbe evolvere, rispetto a ciò che si è tentato di stabilire finora
sia nelle normative nazionali sia in quella europea con un corpus della materia
e di competenze che non è più ormai solamente riferibile al GDPR. È il nostro un
profilo aziendale molto più sensibile di quello che si è tratteggiato in
letteratura e che si è immaginato. Non può limitarsi ad essere presente in un board, interagire con il management solo
per prevenire contenziosi futuri o interpretare la legge per limitare i danni in
una causa per violazione dati. Non possono sfuggirgli le dinamiche e i
significati della rivoluzione del big data e le implicazioni per la società
come la privacy by design, norma cui relazionarsi
durante le fasi di organizzazione aziendale.
Una
consapevolezza che i DPO hanno raggiunto è che gli stessi organi sociali
dovrebbero accrescere le loro conoscenze in ambito di protezione del dato e
gestione della sicurezza così da essere consapevoli delle scelte che l’ente
compie e poter interagire più naturalmente ed efficacemente con il DPO.
Parafrasando
Eraclito di Efeso si potrebbe dire che il compito più difficile di un
Protection Officer sarà “aspettarsi l’inaspettato” per non trovarsi impreparato
nel momento di crisi così da poter permettere al titolare di realizzare
compiutamente il principio della accountability.
Il rispetto della
privacy e, più in generale, la difesa del dato personale – specialmente in un
ambito di interesse nazionale – presuppone un’adeguata sicurezza. La sola
sicurezza, purtroppo, non presuppone il rispetto della privacy e quindi il lavoro
ed il ruolo che si sta ritagliando il DPO richiederà una formazione sempre più
di studio interdisciplinare per poter interagire e comunicare al meglio ad ogni
livello.
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- Su 2 Dicembre 2019
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