Coronavirus, a rischio il 10% del mercato auto italiano: mobilità elettrica strategica, ma confinata alle città
Il mercato europeo dell’auto è partito male a gennaio 2020, con un calo deciso del -7,4% rispetto ad un ano fa, (a sua volta in calo dello -0,5% sullo stesso periodo del 2018). La riduzione delle immatricolazioni è stata forte: -5,9% in Italia, -13% in Francia, -7,3% in Germania, -7% nel Regno Unito, -7,6% in Spagna, solo per citare i dati dei mercati europei più grandi.
Effetto coronavirus
“Il coronavirus rischia di costare molto caro al mercato dell’auto: se va bene prevediamo per il 2020 una flessione del 10% a 1,8 milioni di immatricolazioni, ma se continua così ci saranno ancora almeno altre 100mila vetture in meno che vuol dire meno incasso per Iva, bollo, imposte regionali. Significa riportare le lancette della storia, per le vendite auto, a oltre vent’anni fa”, ha dichiarato a financialounge.com il presidente di Federauto, Adolfo De Stefani Cosentino.
Nelle fabbriche delle regioni del Nord Italia, ha spiegato
Cosentino, “si hanno disdette in officina fino al 40%, per non parlare delle
zone rosse che sono ferme”.
“Paga pegno il mercato europeo delle autovetture dopo lo
sprint finale di Dicembre – ha invece commentato Andrea Cardinali,
Direttore Generale dell’UNRAE, l’Associazione delle Case automobilistiche
estere – iniziando male un anno assai sfidante per il settore automotive, a
causa dell’entrata in vigore delle stringenti normative in tema di emissioni, e
ora anche dei problemi causati dal coronavirus sulle catene di fornitura
globali”.
Auto elettriche, si o no?
In questo contesto, tra perdite e innovazione, giocano un
ruolo chiave le vetture elettrificate, “che devono raggiungere in
tutti i mercati europei una penetrazione molto significativa – ha commentato
Cardinali – perché l’offerta oggi esiste ed è sempre più ampia e varia, ma
la domanda di queste vetture con la spina stenta a decollare anche per la
carenza di infrastrutture di ricarica pubbliche”.
L’Italia a fine 2019 era in posizione n. 19 nel ranking
Europeo in base al numero di punti di ricarica di veicoli elettrici per
100 chilometri, “solo 0,9 contro 3,4 nella media EU, ma in particolare 36 nei
Paesi Bassi, 14,5 in Norvegia, 6,6 nel Regno Unito e 6,3 in Germania, per fare
alcuni esempi. Per non dire della mancanza di punti di ricarica sulla rete
autostradale, che rischia di confinare la mobilità elettrica in ambito
esclusivamente urbano”.
“Il guizzo di gennaio in Italia (2,1% la quota di elettriche pure e ibride plug-in) accompagnato dal quasi raddoppio delle ibride pure, giunte al 9,2% di quota, va confrontato – ha dichiarato il DG UNRAE – con il dato, molto più alto, degli altri Major Markets (Germania 6,5%, Regno Unito 5,9%, Francia 11.0%, Spagna 3,6%) e rischia peraltro di arenarsi contro un precoce esaurimento dei fondi per l’Ecobonus, essenziali per sostenere la transizione ad una mobilità pulita”.
Di segno opposto il giudizio del Presidente ACEA, riguardo
al mercato dell’auto elettrica e la sua opportunità: “Puntare sull’elettrico
è una chimera, queste auto costano fino al 40% in più di una macchina
normale, oltre i 35mila euro”.
“In Italia circolano 39 milioni di vetture, di queste il
17% ha oltre 10 anni e la soluzione, sia per chi produce sia per chi vende, non
può essere l’elettrico per il quale mancano le infrastrutture basilari”, ha
concluso De Stefani Cosentino, anche perché “se si vendono appena 10mila
macchine elettriche l’anno ci vorranno vent’anni, con questo ritmo, prima di
rinnovare il parco auto”.
Le batterie
Oltre i giudizi personali e di comodo, resta il fatto che per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità al 2030 il nostro Paese deve ridurre senza se e senza ma le emissioni di CO2. Certo, lo si deve fare seguendo un ragionamento e un piano nazionale, perché le auto elettriche anche se non emettono CO2 comunque hanno (ancora) un elevato livello di impatto sull’ambiente, soprattutto per la produzione e lo smaltimento delle batterie.
La strada è comunque segnata: per evitare il collasso degli ecosistemi
e le peggiori conseguenze sulle nostre organizzazioni sociali a causa delle anomalie
climatiche sempre più estreme, si deve puntare alle zero emissioni di gas serra
(anche con veicoli alimentati da carburanti alternativi come l’idrogeno), alle fonti
energetiche rinnovabili e all’economia decarbonizzata.
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- Su 2 Marzo 2020
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