Contact tracing, l’app con Bluetooth sarà utile se scaricata da almeno il 60% degli italiani (36 milioni di persone)
Considerato da sempre il fratello “povero” del WiFi, il Bluetooth si potrebbe prendere una bella rivincita.
È la tecnologia di comunicazione (meglio lo standard di trasmissione) senza fili a corto raggio su cui si punta per frenare il Covid-19.
Nei giorni precedenti al Coronavirus, abbiamo usato il Bluetooth principalmente per collegare con lo smartphone lo speaker wireless alla playlist musicale. Ad oggi, dopo Singapore, anche l’Italia vuole puntare su questa soluzione digitale per tracciare gli spostamenti dei cittadini con l’obiettivo di contrastare il Covid-19.
La tecnologia prende il nome dal re danese Harald Blåtand, vissuto nel X secolo dopo Cristo e detto “Dente blu”: grazie alle sue capacità di condottiero, il sovrano creò un’unica nazione, collegando popoli diversi tra loro. Come il Bluetooth, che collega e unisce dispositivi diversi, per questo motivo nel 1994 un gruppo di ingegneri di Ericsson scelse questo nome quando creò la tecnologia Bluetooth. (Qui la storia del Bluetooth)
Perché puntare sul Bluetooth per tracciare i contagiati? Privacy e precisione
A dare un esplicito parere favorevole alla tecnologia Bluetooth come una delle soluzioni anti Covid-19 è stato due giorni fa il Garante privacy Antonello Soro.
“…ai fini della raccolta, il Bluetooth, restituendo dati su interazioni più strette di quelle individuabili in celle telefoniche assai più ampie, parrebbe migliore nel selezionare i possibili contagiati all’interno di un campione più attendibile perché limitato ai contatti significativi”, ha detto Soro nel corso dell’audizione alla Commissione Tlc della Camera.
La ministra dell’Innovazione Paola Pisano, alcune ore dopo il Garante Privacy, davanti alla stessa Commissione parlamentare ha spiegato le caratteristiche generali dell’app che sarà scelta dalla task force e proposta a breve al Governo. Pur non citando il Bluetooth, si intende sia questa la soluzione scelta per il tracciamento-monitoraggio di prossimità.
“L’applicazione di contact tracing non ha l’obiettivo di geolocalizzazione ma quello di tracciamento/memorizzazione per un determinato periodo di tempo degli identificativi dei cellulari con il quale il nostro è venuto in contatto ravvicinato. Questo accade se in entrambi i cellulari è presente l’applicazione di tracciamento”, ha detto Pisano.
Ed attraverso un’app con il Bluetooth attivato sarà possibile ottenere le 3 informazioni fondamentali per il data tracing:
1) qual è il dispositivo con il quale sono stato in contatto
2) a che distanza
3) per quanto tempo
Come funziona l’app
Nel caso in cui un cittadino fosse identificato come positivo, l’operatore medico autorizzato dal cittadino positivo, attraverso l’identificativo anonimo dello stesso, fa inviare un input/messaggio di alert per informare tutti quegli utenti identificati in modo anonimo che sono entrati in contatto con un cittadino positivo.
Perché il Bluetooth
Per il data tracing il Bluetooth è una efficace soluzione tecnologica per capire se due persone si sono avvicinate a meno di 1 metro e per più di X secondi. “Il Bluetooth consente di riconoscere se al supermercato abbiamo fatto insieme la fila per il pane o alla cassa e se non siamo stati sempre a distanza di sicurezza. La cella o il WIFi non sono in grado di effettuare questa distinzione e il GPS potrebbe non essere disponibile al chiuso”, ha spiegato Antonio Sassano, presidente della Fondazione Ugo Bordoni, che ha risposto alla call del ministero dell’Innovazione proponendo un’app proprio basata sul Bluetooth. Dunque, un’applicazione basata sul Bluetooth sembra sia in grado di definire in modo molto accurato i gruppi di persone che sono stati abbastanza a lungo a distanza di contagio. Se una persona appartenente al gruppo viene testata e risulta positiva, tutte le altre persone del gruppo dovranno essere sottoposte a test.
Dove il GPS non arriva e le celle “non prendono” la risposta è il Bluetooth.
Una soluzione basata su Bluetooth arriva da Berlino, studiata anche da ricercatori italiani
A Berlino un team di ricercatori di otto Paesi europei, fra cui l’Italia, sta lavorando al progetto Pan-European Privacy Preserving Proximity Tracing (Pepp-Pt), che si è avvalso della collaborazione di oltre 130 accademici e tecnici. Il lavoro collettivo ha portato alla pubblicazione di un codice di un’app che analizza i segnali bluetooth tra cellulari, per rilevare gli utenti che sono stati abbastanza vicini da contagiarsi a vicenda, e memorizza i loro dati temporaneamente su entrambi i telefoni. Se in seguito uno degli utenti memorizzati risulta positivo, l’app avvisa chiunque gli sia stato vicino nei giorni precedenti.
È basata sul Bluetooth.
Il nuovo software europeo, già da tempo in fase di test a Berlino, incorpora garanzie per crittografare i dati e anonimizzare le informazioni personali, secondo alcune delle organizzazioni coinvolte nel progetto, tra cui il Fraunhofer Heinrich Hertz Istituto di Berlino e Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna
Questo lo mette al sicuro dagli abusi di terzi, compresi i governi, e garantisce che gli standard di protezione dei dati personali non subiscano danni proprio mentre l’Europa deve affrontare la pandemia.
I limiti dell’app con Bluetooth
Fin qui i vantaggi, ma quali possono essere i limiti di un’app che prevede il Bluetooth abilitato per il tracciamento dei contagiati da Covid-19?
- Non tutti gli italiani hanno uno smartphone
- Non tutti escono di casa con lo smartphone
- Il Bluetooth a volte si disattiva
- Oggi, a volte, non è così immediato trasferire file da uno smartphone all’altro con il Bluetooth, anche se si avvicinano i due device. Se tenuti in tasca riescono sempre a creare un “diario dei contatti”?
- Se chi usa l’app dovesse risultare positivo al Covid-19, allora dovrà essere inviato il messaggio anche alla cassiera che lavora con mascherina e guanti dietro al vetro in plexiglass del supermercato, dove è stata la persona contagiata?
- Chi non ha smartphone può indossare un braccialetto con Bluetooth?
L’app con Bluetooth sarà utile se scaricata da almeno il 60% degli italiani (36 milioni di persone)
L’app sarà utile? Nessuno può dirlo a priori.
Secondo questo studio dei ricercatori di Oxford per essere efficace l’applicazione dovrà essere scaricata ed utilizzata da “almeno il 60% della popolazione target”.
Calcolatrice alla mano, il 60% di 60 milioni di italiani è pari a 36 milioni di cittadini.
Oltre la metà degli italiani dovrà installare, su base volontaria e con spirito di solidarietà reciproca, l’applicazione per vedere dei risultati positivi tangibili di contrasto alla diffusione del Covid-19 nella fase 2, quella che partirà in Italia dal 3 maggio prossimo. Chissà se l’app sarà allora già disponibile?
NHSX, il braccio innovativo del Servizio sanitario nazionale britannico che sta guidando il progetto dell’app di contact tracing, spera che almeno il 50% della popolazione possa usare l’applicazione. Il team, che prevede di nominare a breve una commissione etica, sta ancora mettendo a punto alcuni dettagli, come la vicinanza tra gli utenti delle app e il tempo di contatto da monitorare. Uno dei criteri che l’NHSX sta prendendo in considerazione è il raggio di azione entro i 2 metri.
Si parla molto dell’app utilizzata a Singapore: TraceTogether, è stata scaricata 1 milione di volte, ben al di sotto del 60% dell’intera popolazione della città, pari a 5,6 milioni di cittadini. Sapete qual è stato il piano B adottato primo ministro Lee Hsien Loong? Il lockdown, iniziato l’8 aprile.
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- Su 10 Aprile 2020
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