Che futuro avrà la giustizia digitale?
La diffusione globale dell’epidemia di Covid-19, e le conseguenti limitazioni alla mobilità, hanno riflessi importanti non solo nei settori in cui, tradizionalmente, gli spostamenti di persone e merci rappresentano il fulcro dell’attività, ma anche sulla professione legale, specialmente se di respiro internazionale. In questo settore, l’emergenza sanitaria potrebbe agevolare il ricorso all’innovazione tecnologica, destinata a ricoprire un ruolo sempre più importante nel mondo legale in trasformazione. I procedimenti arbitrali internazionali, che coinvolgono parti, arbitri ed esperti provenienti da varie regioni del mondo, non fanno eccezione. È proprio in questo contesto che l’utilizzo di strumenti telematici, anche nelle fasi salienti del procedimento, può passare dall’eccezione alla regola.
Prassi consolidata
Il ricorso a tali strumenti negli arbitrati internazionali non è una novità. Parti ed arbitri sono abituati a scambiarsi documenti e informazioni via email, e a consultare fascicoli elettronici; dichiarazioni da parte dei testimoni possono essere rese via video; per alcune categorie di dispute esiste persino la possibilità di ricorrere a piattaforme di risoluzione delle controversie online. La video o tele-conferenza è inoltre usata spesso per le riunioni preliminari di parti e tribunale, in cui si discute di aspetti amministrativi della procedura. Tuttavia, ci sono alcune fasi del procedimento ancora fortemente legate alla presenza fisica delle parti coinvolte, in cui l’uso di mezzi telematici risulta più problematico.
Fisico vs digitale
Tra queste, il caso di un’udienza completamente virtuale, in cui ciascuno dei partecipanti (arbitri, avvocati, consulenti, testimoni, ecc.) è connesso da remoto, è certamente il più significativo. Sino ad ora, tale scenario è stato accolto con tiepido entusiasmo dalla comunità arbitrale internazionale. Al di là del digital divide, gli avvocati tendono a ritenere che il cliente possa essere assistito adeguatamente solo attraverso la presenza fisica all’udienza. L’approccio potrebbe cambiare alla luce della pandemia, la cui durata ed effetti rischiano di paralizzare a tempo indeterminato gli arbitrati in corso.
Ai tempi del coronavirus, le parti possono quindi considerare l’idea di trasformare udienze già programmate in udienze “virtuali”, in cui l’intervento di ciascuno dei partecipanti avviene esclusivamente da remoto.
Vi sono casi in cui tale scelta appare consigliabile. In un arbitrato internazionale, non è insolito che gli arbitri – nei casi più frequenti tre, e molto spesso di nazionalità diversa – siano parte di più collegi contemporaneamente; gli stessi avvocati sono solitamente impegnati nell’assistenza a vari clienti su più fronti. Nel caso in cui l’udienza venga posticipata, potrebbe essere molto difficile riuscire a incrociare le rispettive agende e riprogrammare la stessa in tempi brevi, anche considerando che potrebbe durare diversi giorni.
In uno scenario come questo, il ricorso a strumenti telematici che consentano alle parti di non modificare il calendario arbitrale appare provvidenziale. Le stesse non possono, tuttavia, prescindere da una valutazione di merito rispetto alla compatibilità del caso con una trattazione completamente virtuale. Un arbitrato complesso, che implica la produzione di centinaia di documenti e richiede la partecipazione di molti testimoni ed esperti di parte (come una controversia su un appalto internazionale, la cui udienza può durare settimane), si presta alla gestione da remoto molto meno di un caso in cui la controversia verte su un contratto di compravendita, con pochi testimoni. Ugualmente, se le parti coinvolte sono fisicamente collocate su fusi orari diversi (per esempio, Milano, Sydney e Los Angeles), o se non hanno un accesso equivalente a una connessione internet stabile e sicura, la partecipazione simultanea all’udienza diviene in molti casi impossibile, o sconsigliabile per ragioni di correttezza procedurale.
Una volta optato per l’udienza virtuale, le parti possono scegliere in autonomia gli strumenti informatici più adeguati, o affidarsi alle piattaforme online che molte istituzioni arbitrali internazionali (per esempio, l’Icsid) hanno messo a disposizione, o potenziato, alla luce dell’emergenza sanitaria. Le parti dovrebbero comunque accordarsi anticipatamente sull’adozione degli accorgimenti necessari per la buona riuscita di un’udienza virtuale. Per esempio, la durata delle sessioni e il numero di pause dovrebbero essere pianificati con anticipo, così come i rimedi in caso di interruzione della connessione. Ciascun team dovrà, poi, predisporre canali adeguati per le comunicazioni interne e con il cliente, sull’assunto che difficilmente potranno trovarsi nella stessa stanza durante le fasi di lockdown.
Tali accorgimenti sono richiesti anche per diminuire il rischio che una delle parti lamenti in seguito – anche in sede di impugnativa del lodo – violazione del “giusto processo” in termini di minore accessibilità alla banda larga o di diponibilità di mezzi informatici in generale.
Il ruolo dei testimoni
In questo contesto, l’escussione “a distanza” dei testimoni è certamente la fase più problematica. La possibilità da parte degli arbitri di apprezzare vis-à-vis il contegno (il “demeanour”, per gli anglosassoni) di chi presta la deposizione testimoniale è generalmente tenuta in grande considerazione. Ciò pertiene direttamente alla credibilità dei testimoni, il cui interrogatorio virtuale può presentare alcuni profili critici.
L’efficacia della “cross-examination”, incluso l’eventuale effetto sorpresa sul testimone, potrebbe risultare più contenuta se il teste, l’avvocato contro-interrogante e gli arbitri non si trovano nella stessa stanza. In questo caso, il ricorso a tecniche di controesame che tengano conto di tale circostanza può essere di ausilio. Anche il rischio di interferenza (illecita) di terzi sui testimoni, o della visione, da parte degli stessi, di documenti non permessi durante l’escussione, è maggiore. Per ovviarvi, si potrebbe allestire il posizionamento di più telecamere nella stanza del testimone, o prevedere la contestuale presenza di rappresentanti della controparte. Seppure delicati, tali aspetti non sono, in ogni caso, insuperabili, come dimostra il fatto che la “cross-examination” a distanza è ammessa, con frequenza crescente, nell’esperienza inglese e americana.
Un futuro di udienze virtuali?
Le chance di un crescente ricorso alle e-hearing sono strettamente legate alla durata delle restrizioni dovute all’epidemia di Covid-19. Quante più parti, per ragione di necessità, saranno messe nella condizione di sperimentare la conduzione di intere udienze virtuali, tanto maggiore sarà la probabilità che le stesse siano in grado di apprezzarne i vantaggi, in termini di tempi e costi, anche una volta terminata l’emergenza. I mesi del lockdown riveleranno dunque se prevarranno le istanze di difesa tradizionale, o se la transizione verso la digitalizzazione dell’arbitrato internazionale farà significativi passi in avanti.
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- Su 7 Maggio 2020
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